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// Storie d'innovazione

Amarelli, alle radici dell’innovazione

Imprenditori / Inventori / Ricercatori / Startupper / Stories

Intervista di Valentina De Grazia, pubblicata su #RestartCalabria n.7 – Novembre 2014
Tra l’altopiano della Sila e la costa ionica alta, raggiungere Rossano non è così facile. E già il percorso che si snoda tra vasti campi e lievi colline riporta a qualcosa di antico, originario. Proprio alle porte del paese c’è la fabbrica e il museo di Amarelli, lì dov’era già più di due secoli fà.


r9_1La dimora della famiglia del 1400 ora adibita a museo aziendale e di fronte l’antica fabbrica Amarelli dove ancora si estrae il succo dalle radici di una pianta, la Glycyrrhiza glabra o liquirizia, che cresce rigogliosa e spontanea sulle coste calabresi. Incontriamo Fortunato Amarelli, amministratore delegato dell’azienda, proprio negli uffici all’interno della vecchia casa di famiglia.
Amarelli ha una storia importante e antichissima, nasce nel 1731 e fa parte delle 30 aziende dell’associazione Les Henokiens, il club internazionale più esclusivo al mondo che raccoglie quelle imprese che possono vantare una storia più lunga di due secoli con a capo la stessa famiglia.

La longevità di Amarelli, la sua presenza sul mercato da più di due secoli, non può che essere motivata da una naturale tendenza al rinnovamento e all’innovazione. Come fa a sposare la sua storia e l’importanza della tradizione con l’innovazione?
Qualsiasi azienda, che sia antica o una giovane startup, ha un naturale bisogno di innovazione. Il mercato è sempre in continuo mutamento: tocca all’impresa trasformare i propri prodotti, le strategie di comunicazione e i modelli di business per adattarli alle nuove esigenze. La flessibilità e l’adattabilità sono caratteristiche che non devono mai mancare, l’innovazione però non deve mai disperdere quanto di buono si è fatto in passato.

Quali sono stati i momenti più rilevanti che hanno dato una svolta all’azienda?
r9_2Nel 1980 fu trasformato il processo produttivo, la modifica interessò la totalità degli impianti, dal taglio della radice alle linee di confezionamento, ad eccezione di due macchine, i cuocitori a cielo aperto del 1907 che rendono la liquirizia nera in modo naturale. Sono tuttora in funzione.
Negli stessi anni, anche la reintroduzione delle scatole metalliche fu un momento di grande innovazione: mentre i nostri competitor puntavano a ridurre i costi del packaging, noi lanciavamo una più costosa scatolina in metallo che ci ha permesso di distinguerci sul mercato. Sempre negli anni ’80, un altro momento importante è stato quando abbiamo modificato la tecnologia di estrazione. Il nuovo sistema a corrente di vapore ci ha consentito di estrarre una liquirizia con le medesime qualità organolettiche, ma con una resa maggiore e in tempi ridotti. Le altre aziende utilizzano prevalentemente il sistema di estrazione per macerazione.
Infine, un altro momento di svolta è stato nel 2001 con l’istituzione del museo d’impresa. Vincitore del premio Guggenheim, è il secondo museo d’impresa per visite in Italia, subito dopo Galleria Ferrari e immediatamente prima del museo della Perugina.

Perché un museo d’impresa?
La sua istituzione nasce soprattutto da una necessità: come ultimi depositari di una storia che inizia nel 1700 e che riguarda tutta la Calabria, avevamo il dovere di raccontarla. È la storia di un’invenzione tutta calabrese. Già nel 1400 le radici venivano esportate da Rossano verso i mercati europei, dove erano utilizzate prevalentemente per scopi farmaceutici.r9_3 I calabresi a un certo punto intuiscono che per trasportala era più economico farne l’estrazione: nasce così il succo di liquerizia che a metà del 1800 comincia a essere impiegato anche in altri settori, primo fra tutti quello dolciario. Dietro questa grande innovazione fiorì un vero e proprio comparto produttivo, un distretto industriale ante litteram, composto da circa 80 produttori. Per far comprendere le dimensioni di questo mercato basti pensare che nell’ottocento l’intero comparto dolciario era composto solo dai confetti abruzzesi e dalla liquirizia calabrese. Di questo grande distretto industriale noi siamo gli unici rimasti, avevamo la responsabilità di raccontare questa magnifica storia.
Ma il museo d’impresa è anche uno straordinario mezzo di comunicazione. I nostri 600 mila visitatori hanno osservato il ciclo produttivo e conosciuto la nostra storia: tutto questo serve a stimolare un consumo più consapevole.

Amarelli ha partecipato al bando Attiva l’Innovazione della Regione Calabria e di CalabriaInnova. Quali sono i progetti di sviluppo futuri?
Partecipare ad Attiva l’Innovazione mi ha fatto riflettere: le agevolazioni alle quali in passato ci siamo candidati non erano poi così ‘agevoli’, data la mole di documenti e informazioni che bisognava raccogliere e inviare. Attiva l’Innovazione è stato un bando estremamente semplice, come serve alle aziende. Sui progetti presentati, per motivi di riservatezza, non posso dire tanto… Abbiamo richiesto una serie di attività di consulenza: un audit energetico che servirà ad indicarci gli interventi necessari per migliorare l’efficienza del nostro impianto, una revisione del nostro modello organizzativo, grazie alla consulenza del professor Martinez dell’Università Federico II di Napoli ed, infine, studieremo un prodotto completamente nuovo con la consulenza di un noto istituto di ricerca nazionale.
Inoltre stiamo pensando a un progetto ancora più innovativo sul prodotto, del quale dobbiamo verificare e testare la realizzabilità. Sperimenta l’Innovazione, la nuova iniziativa di CalabriaInnova finalizzata in particolare alla sperimentazione di nuove soluzioni, ci sembra ancora una volta lo strumento più idoneo a tale fabbisogno.

Qual è la sua esperienza con CalabriaInnova? Ha trovato utili i nostri servizi?
Il progresso tecnologico ha innescato nel mercato una forte domanda di prodotti nuovi, anche nel settore agroalimentare. I consumatori vogliono prodotti alimentari più funzionali, non solo buoni ma anche utili: dallo yogurt con l’omega3, ai succhi che conservano i principi attivi di una arancia appena spremuta.r9_4 Gli investimenti in ricerca però sono molto costosi e soprattutto non danno la certezza del risultato. Questo scoraggia il piccolo imprenditore. In questo contesto, CalabriaInnova può svolgere un ruolo molto importante: come tramite tra le aziende e la Regione, può far maturare la consapevolezza tra gli imprenditori affinché capiscano che oggi fare innovazione è semplice, anche per le piccole aziende.

Amarelli è una piccola impresa, eppure è conosciuta in tutto il mondo. Qual è il segreto che l’ha portata, da una generazione all’altra, al successo internazionale?
Difficile dirlo. Con mia sorella Margherita continuiamo il lavoro di chi ci ha preceduto, alla quattordicesima generazione siamo solo un elemento della catena: il nostro compito non è più solo quello di creare profitto per i soci, ma piuttosto quello di trasmettere l’azienda alla generazione successiva. Ma c’è una cosa che è comune a tutte le generazioni e che è alla base dei nostri risultati: l’aver sempre creduto, fino in fondo, che questa azienda potesse avere un respiro internazionale. Non abbiamo mai percepito il territorio o le nostre dimensioni come limiti al nostro successo. Se si guarda il panorama delle nuove tecnologie i grandi colossi sono nati pochi anni fa e da piccole aziende, come Google o Facebook. Se non si pensa in grande, si rimarrà sempre piccoli…

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